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Da anni il Pentagono cerca di sviluppare queste armi per attaccare bunker contenenti armi nucleari, chimiche o biologiche.
Il 17 aprile 2013, l’agenzia Project On Government Oversight (POGO), ha scritto una lettera al segretario del Dipartimento della Difesa statunitense Chuck Hagel invitandolo a non finanziare il programma di ammodernamento delle bombe atomiche tattiche B61.
Di queste 200 sono dispiegate e conservate in sei basi militari di cinque paesi europei (Italia, Belgio, Paesi Bassi, Turchia e Germania), come parti della difesa NATO..
La notizia che il presidente Obama abbia deciso di spendere 11 miliardi di dollari per il LEP (Life Extension Program) condotto dai laboratori nucleari (NNSA), è rimbalzata nei maggiori quotidiani internazionali provocando la ferma indignazione di tutte le associazioni che lottano per il disarmo nucleare multilaterale. Aumentare le capacità delle armi nucleari tattiche come le B61, le più antiche dell’arsenale statunitense, significa che mentre si tratta con la Russia per la diminuzione delle armi nucleari strategiche a lungo raggio, quelle non strategiche o tattiche continuano ad avere un ruolo importante all’ interno dello scudo difensivo della NATO.
NNSA (National Nuclear Security Administration ) chiarisce che per “programma di estensione della vita (LEP)” si deve intendere un programma per la riparazione / sostituzione di componenti di armi nucleari in grado di garantire e soddisfare le esigenze militari.
Vi sono cinque versioni della B61 rispettivamente denominate “modello” 3, 4, 7, 10 e 11, con questa ristrutturazione si ha la creazione di una nuova versione, la B61-12.
I modelli 7 e 11, definiti strategici, hanno opzioni multiple di potenza sino a 340 kilotoni e non sono presenti in territorio italiano, tuttavia la nuova versione costituisce un ulteriore salto di qualità.
Nel 2009 i funzionari della sicurezza nazionale di Obama chiedevano al Congresso lo stanziamento di 65 milioni di dollari per uno studio sull’aggiornamento delle B61, non solo perché facenti parte di ciò che l’esercito chiama “deterrenza estesa”, ma perché sarebbero le uniche affidabili per penetrare e distruggere gli impianti nucleari della Corea del Nord e dell’Iran.
Sebbene il Dod (Department of Defense) avesse dichiarato che non vi erano piani per convertire le B61 in bombe nucleari penetranti, da anni Pentagono cerca di sviluppare queste armi per attaccare bunker contenenti armi nucleari, chimiche o biologiche.
La questione diventava urgente poiché bisognava rispettare la scadenza del 2017, data in cui il nuovo F-35 dovrebbe sostituire gli attuali F-16, e dunque essere pronto al trasporto delle bombe.
Queste bombe, sino ad ora dotate di un paracadute in coda per rallentare la discesa e permetterne la denotazione al suolo, saranno ammodernate dalla Boeing che nel 2012 ha siglato un contratto dal valore di 178 milioni. In particolare Boeing è impegnata alla progettazione di un nuovo kit di coda per dotarla di un sistema di guida di precisione e direzione.
Nel Nuclear Posture Review del 2010 e poi nel summit della NATO a Chicago nel 2012, il Pentagono aveva ribadito la necessità delle armi nucleari tattiche come strategia di difesa degli Stati Uniti. In quelle occasioni emergevano i piani per rendere il caccia F-35 capace di trasportare le B61, ma contemporaneamente si affacciava la posizione di paesi quali Germania, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi e Norvegia che ne chiedevano la rimozione. L’Italia invece continuava a sostenere che tali armi erano, e rimangono, simboli critici dell’impegno militare statunitense in Europa.
Storicamente i caccia statunitensi a doppia capacità sono stati l’F-16 e l’F-15E (il B-2 è un bombardiere strategico) e continueranno ad esserlo finché non saranno pronti gli l’F-35, mentre i paesi della NATO fra cui l’Italia, hanno i Tornado e gli F-16 come caccia certificati per il trasporto e lo sgancio delle testate nucleari.
Il Dipartimento della Difesa statunitense ha dovuto lanciare una “baseline review tecnica” per capire quanto peserà il ritardo del programma F-35 sulla sostituzione degli attuali F-15 ed F-16 e sul raggiungimento IOC (Initial Operational Capability), perché deve fare i conti con un aereo voluto a bassa osservabilità ( stealth) la cui capacità, però, è stata messa in discussione dallo studio RAND “Air Combat Past, Present and Future” effettuato attraverso combattimenti simulati, e con la decisione del Pentagono di ridurre le prestazioni che inevitabilmente avrà un impatto operativo.
Sommando i costi del caccia e quelli dell’aggiornamento delle B61, si può desumere che queste scelte siano un regalo al complesso militare industriale, e sono in palese contraddizione rispetto alla volontà di disarmo continuamente denunciata dal presidente Obama, premio nobel per la pace 2009.
L’Italia in particolare ospita dalle 60 alle 70 B61 divise fra la base statunitense di Aviano e quella italiana di Ghedi Torre (Brescia), è in questa base che sono presenti i Tornado IDS a doppia capacità e che saranno sostituiti dagli F-35 italiani.
Sebbene l’Italia abbia sottoscritto e ratificato il Trattato di non proliferazione nucleare, ospita arsenali nucleari in aperta violazione del Trattato che impone ad uno Stato non nucleare di non possedere o ricevere armi nucleari. L’ostacolo è stato raggirato escogitando il sistema della doppia chiave. Nella base di Ghedi infatti, sebbene le circa 20 B61 siano sotto tutela del Munizionamento 831°, il reparto americano delegato allo stoccaggio, manutenzione e trasporto delle armi nucleari, sono italiani i piloti che si esercitano per imparare a sganciarle, e che, in caso di guerra, riceverebbero i codici di attivazione dell’ordigno nucleare appena saliti su i Tornado.
Nel 2005 il rapporto “Natural Resources Defense Council” ha rivelato che i piloti italiani vengono addestrati all’uso delle bombe nucleari nei poligoni di Capo Frasca (Oristano) e Maniago II (Pordenone). Le 50 bombe conservate ad Aviano sono invece ad uso esclusivo degli aerei americani.
(Rossana De Simone)
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